Contro facili entusiasmi - ADI Sassari


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Per sempre, Signore, la tua parola è stabile nei cieli.
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CONTRO FACILI ENTUSIASMI
TESTO BIBLICO: LUCA 9:57-62

Questo brano inizia con un’espressione che deve portarci a riflettere per la sua incisività e per le implicazioni: mentre camminavano per la via…
Sono parole importanti che, come di consueto nella meditazione della parola di Dio, non possono essere separate dal contesto, ed in particolare dal verso 51: Poi, mentre si avvicinava il tempo in cui sarebbe stato tolto dal mondo, Gesù si mise risolutamente in cammino per andare a Gerusalemme.

Questo brano ci avverte a non confondere la chiamata al discepolato ed al servizio nell’opera del Signore, che Cristo rivolge a tutti i veri credenti, con i sentimenti personali, che potrebbero spingere ad una scelta puramente emotiva, dettata magari dal desiderio di emulazione, e quindi destinata al fallimento, con il risultato di confondere la fede con una sorte di avventura nel mondo spirituale.
Contro tali rischi la parola di Cristo ci aiuta a riflettere, a trarre le debite conclusioni e ad agire di conseguenza.
Il Signore, infatti, affronta le tre attitudini di questi altrettanti discepoli rivelando i legami che esistevano nel loro cuore, ed agendo di conseguenza, con fermezza e determinazione, per sciogliere tali vincoli e rendere possibile a questi cuori il totale dono di sé stessi al Salvatore.
Esaminando a fondo le parole di questi uomini ed il loro atteggiamento, molti credenti, soprattutto fra i più giovani, vi troveranno un’eco dei legami e delle obiezioni che così spesso ci frenano dal rispondere alla chiamata del Signore Gesù.

1. Il legame dell’idealismo: Mentre camminavano per la via, qualcuno gli disse: Io ti seguirò dovunque andrai (v. 57)
Il primo legame è quello dell’idealismo, che comporta una visione non realistica del servizio.
Questo primo discepolo sembra fermamente deciso a seguire Gesù a qualunque costo.
Ma allora perché scoraggiarlo?
Colui che conosce i cuori pone quest’uomo di fronte alle possibile conseguenza del discepolato: le difficoltà, le sofferenze, il disagio, il pericolo legato a questo tipo di atteggiamento.
L’idealista è colui che esalta le idee senza preoccuparsi della realtà, sconfinando nella immaginazione ed essendo privo di senso pratico: esattamente l’opposto di ciò che ci viene proposto da Gesù.
Per sciogliere questo primo legame, Gesù utilizza una serie di argomentazioni molto convincenti contro facili entusiasmi.
- Il privilegio della visione: Le volpi hanno delle tane e gli uccelli del cielo dei nidi… (v. 58).
Cosa rappresentano le tane ed i nidi? La tana può benissimo essere visto come sinonimo di rifugio, di protezione, mentre il nido indica il bisogno di stabilità, di certezze.
L’idealista si preoccupa di certezze terrene, che però passano.
Essere discepoli di Cristo significa invece spostare lo sguardo dalle tane e dai nidi per costruire qualcosa di stabile ed eterno.
Solo Gesù è il vero rifugio, la sola e unica protezione, il solo che possa dare concrete certezze al nostro cuore.
- Le implicazioni del servizio: …ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo (v. 58).
Mentre l’idealista esalta il proprio ruolo, arrivando perfino a perseguire dei vantaggi dal servizio cristiano, il discepolo di Cristo è chiamato a porre l’attenzione non sulla propria condizione, bensì sulla persona, l’opera ed il ministerio di Gesù.
Identificarsi con Gesù significa quindi essere pronti al disagio ed alle difficoltà.
Troppi predicano il nome di Cristo per invidia e per rivalità… non sinceramente (Filippesi 1:15,17), ma il vero discepolo saprà mantenersi umile, vigilante, fedele alla chiamata ricevuta, impegnandosi in modo concreto all’avanzamento del regno di Cristo.
- L’arricchimento dell’uomo: Il vero discepolo fuggirà l’idealismo di chi vuole identificarsi solo con alcuni aspetti (apparentemente esaltanti) del servizio, per identificarsi totalmente con il Suo maestro, comprendendo che ciò significa anche identificarsi con il figlio dell’uomo, il quale, incarnandosi, è stato disposto a dare la Sua vita per l’umanità: Infatti voi conoscete la grazia del nostro Signore Gesù Cristo il quale, essendo ricco, si è fatto povero per voi, affinché, mediante la sua povertà, voi poteste diventar ricchi ( II Cor. 8:9).

È questo il primo aspetto con cui confrontarsi: Gesù non viene a chiamare degli idealisti, ma persone che siano disposte a seguirlo a qualunque costo.
Ogni facile idealismo deve essere bandito dalla nostra mente per abbracciare la vera essenza del discepolato: la totale identificazione con il Signore Gesù.

2. Il legame dei doveri: A un altro disse: Seguimi. Ed egli rispose: Permettimi di andare prima a seppellire mio padre (v. 59).
Alcuni interpretano le parole di questo discepolo come la legittima richiesta di seppellire il padre ormai deceduto, mentre altri come il dovere di un figlio di assistere il padre anziano ormai giunto alla fine della sua vita.
In ogni caso Gesù ci mostra che in realtà rappresentava una scusa per rimandare la risposta all’invito di Gesù: seguimi.

L’atteggiamento di questo discepolo ci presenta un problema che spesso i giovani affrontano.
È infatti la condizione di chi, prima di rispondere alla chiamata di Cristo, vuole assolvere i propri doveri, cosa che equivale in certi casi a voler preventivamente risolvere i problemi, ritardando così la propria risposta alla chiamata di Cristo.
Quali doveri potrebbero indurci a rinviare la ns. risposta a Gesù?
- Il dovere del lavoro, e quindi la sistemazione della propria posizione lavorativa.
- Il dovere verso la famiglia: genitori, fratelli e sorelle, e quindi la soluzione delle problematiche familiari ad esse connesse.
- Il dovere verso sé stessi, e la soluzione delle problematiche connesse con la sfera affettiva: prima la scelta del coniuge, quindi l’organizzazione del matrimonio che deve seguire la preparazione della casa, il suo completo arredamento, la creazione di un fondo finanziario per affrontare i tempi difficili …

Troppo spesso scelte ed azioni e del tutto legittime divengono un legame che opprime e che inibisce le scelte, che quindi bisogna necessariamente sciogliere se si vuole servire il Signore con libertà.
Non permettiamo che la cultura e la mentalità propria di un mondo che vive nella morte spirituale condizioni le nostre scelta: Ma Gesù gli disse: Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; ma tu va' ad annunziare il regno di Dio (v. 60).

3. Il legame degli affetti: Un altro ancora gli disse: Ti seguirò, Signore, ma lasciami prima salutare quelli di casa mia (v. 61).

Quest’ultimo caso abbraccia gli affetti più intimi, quelli familiari, e del resto il discepolo chiede qualcosa di lecito: vuole salutare quelli di casa.
Non aveva fatto la stessa cosa anche Eliseo, quando Elia gli rivolse la chiamata?
Perché allora Gesù sembra impedirglielo?

Innanzitutto perché Gesù conosce fin troppo bene il potere degli affetti familiari, e sa che spesso hanno la meglio sulla decisione di amare e servire il Signore:
Luca 14:26 - Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, e la moglie, i fratelli, le sorelle e persino la sua propria vita, non può essere mio discepolo.
Luca 14:33 - Così dunque ognuno di voi, che non rinunzia a tutto quello che ha, non può essere mio discepolo.
In secondo luogo perché inevitabilmente gli affetti spostano la ns. attenzione verso le persone ed i problemi connessi distraendoci dalla chiamata di Gesù.
Un contadino che ara la terra sa molto bene che se vuole tracciare un solco diritto, deve stare molto attento e continuare a guardare continuamente davanti, evitando di distrarsi, guardandosi attorno o addirittura voltandosi indietro.
Per tracciare un solco lineare, i contadini si servono di punti di riferimento: un albero, una roccia, o altri elementi fissi presenti nel terreno.
Anche noi siamo chiamati a divenire adatti al regno di Dio, servendoci di punti di riferimento stabili: fissando lo sguardo su Gesù, colui che crea la fede e la rende perfetta (Ebr. 12:2).
Le parole di Gesù appaiono allora come un monito, tanto più attuali se si valuta la condizione del mondo e della stessa chiesa, che spesso mostra segni di pigrizia e di torpore nell’assolvere il proprio mandato di predicare l’evangelo ad un mondo che va sempre più alla deriva.

Quanti di noi accetteranno di permettere al Signore di sciogliere quei legami che ci impediscono di servirLo con libertà ed efficacia?
Quanti di noi disporranno la propria vita al Suo servizio per divenire sempre più “adatti” al regno di Dio?
Quanti di noi ripeteranno, con l’apostolo Paolo: Ma ciò che per me era un guadagno, l'ho considerato come un danno, a causa di Cristo (Filippesi 3:7)?
La promessa di Gesù è stimolante ed incoraggiante allo stesso tempo: … Vi dico in verità che non c'è nessuno che abbia lasciato casa, o moglie, o fratelli, o genitori, o figli per amor del regno di Dio, il quale non ne riceva molte volte tanto in questo tempo, e nell'età futura la vita eterna (Luca 18:28-30).
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